Illustrazione ticinese Novembre 2020 - "In centomila pronti a dare una parte di sé"

di Andrea Bertagni


 

Il chirurgo Sebastiano Martinoli aggiorna le cifre del registro nazionale dei donatori di organi. “Il Ticino è sempre stato il primo della classe in Svizzera”

Donare un organo per salvare una vita. È forse uno dei regali più grandi. Sebastiano Martinoli, chirurgo e copresidente dell’associazione “Insieme per ricevere e donare”, conosce bene la realtà dei trapianti. Non solo per averli praticati per una vita (Martinoli è in pensione, ma continua a dare il suo contributo medico). Ma anche e soprattutto perché si prodiga da anni a favore della donazione di organi. un gesto “per cui il Ticino è sempre stato il primo della classe in Svizzera - spiega - e il merito è senz’altro del buon lavoro fatto sull’opinione pubblica e tra i professionisti dei pronto soccorso e delle cure intensive delle strutture ospedaliere cantonali”. Dal 1° luglio 2007 in Svizzera vale il modello del consenso in senso lato. In base a tale modello, il presupposto per l’espianto di organi è che si disponga del consenso del donatore o, qualora egli non abbia espresso alcuna volontà, di quello dei familiari più stretti. “Anche se il 70% degli svizzeri è a favore del dono di organi - continua Martinoli - meno del 10% della popolazione porta con sé la tessera nella quale è indicato se in caso di decesso possono essere espiantati organi, tessuti o cellule e, se sì, quali”. Per questo Swisstransplant - la Fondazione nazionale svizzera che su incarico dell’ufficio federale della sanità pubblica, è responsabile dell’attribuzione degli organi secondo le leggi vigenti nonché della gestione della lista d’attesa dei pazienti riceventi - ha creato un sito per diventare donatori. “un sito a cui si sono iscritte fino a oggi 120mila persone e quindi un’iniziativa che sta avendo un discreto successo”. Tutto bene, dunque? Sì e no. “Con 40 doni per milione di abitanti, il Paese europeo piì generoso è la Spagna - dice Martinoli - . Noi ne abbiamo 16 su un milione. In Italia le proprie volontà sono inserite nei documenti d’identità e da questo punto di vista è più avanti di noi. Vero è che il tema è delicato, perché se si spinge troppo con la donazione, il rischio è quello di creare avversioni”. Per questo in Svizzera si preferisce al momento “lavorare sulla presa a carico per così dire ‘simpatica’ - prosegue il chirurgo - che secondo alcuni studi può portare a tassi di dono molto alti”. Sensibilizzare, ma non esagerare dunque. Anche perché “fino a oggi questa strada sta funzionando - conclude Martinoli - sebbene il tasso di rifiuto dei parenti sia ancora alto, attorno al 50%”.

 

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